sabato 24 luglio 2010

allieamenti a Monterchi :casualità o logica?

Non tutto era chiaro all'inizio,ma ora la matassa si stà dipanando.
Quei massi che sembravano rotolati a casaccio non lo erano affato.In un vasto territorio esiste una logica di continuità inconfutabile.
La riprova si è avuta seguendo l'allineamento dell'equinozio d'autunno.Sembrava azzardato se non fosse che trovato un masso inciso..ne sono spuntati altri e trovarli è stato come trovare la traccia lasciata coscientemente da chi ci ha preceduto.Sarebbe interessante divulgare i siti e l'immensa ricchezza che potrebbero avere per lo sviluppo archeologico turistico del territorio di Monterchi.Potrebbero.Ma forse è meglio che tutto rimanga celato finchè altre generazioni possano capirne l'importanza(economica e storica).Comunque si stanno già interessando dei ritrovamenti studiosi dell'archeoastronomia.alla prossima ..





L’archeoastronoma ed Egittologa Jane B.Sellers dell’istituto Orientale dell’università di Chicago ha evidenziato come nel mito di Osiride, risalente almeno al 1450 a.c.(testi delle piramidi )siano contenuti i numeri necessari per il calcolo della precessione degli equinozi, con un grado di precisione superiore a quello ottenuto da Ipparco nel I secolo A.C.. Tutte le civiltà antiche identificavano il sole con l’aspetto legato al suo sorgere durante l’equinozio di primavera in corrispondenza di una determinata costellazione zodiacale. Ogni 2160 anni, passando da una casa zodiacale all’altra, il sole garantiva un computo temporale preciso per i popoli che basavano proprio sullo scorrere del sole lungo l’orizzonte i loro ritmi vitali.

giovedì 22 luglio 2010

ordalia

Questa prova in genere cruenta era adottata anticamente per decretare seconto il volere divino l'innocenza o la colpevolezza di una persona.
A volte la si legava con un'animalein un sacco che veniva gettato in un fiume. Se la persona riusciva a slegarsi e uscire dal sacco veniva considerata innocente.Altre volte veniva fatta combattere con una mano legata dietro la schiena contro enormi molossi o fiere ed anche in quel caso se sopravviveva....
In epoche medievali le prove rasentavano il sadismo puro.
Il condannato veniva fatto correre per 50 mt con una verga incandescente tenuta sigli avambracci nudi. Se non si ustionava o le ferite guarivano in pochi giorni era considerato innocente.Un'altra prova difficile da superare era correre su lame incandescenti e taglienti in un corridoio.Tutto questo naturalmente bendati...Immaginatevi che anticamente era ben difficile superare questi giudizi e che quindi oltre al danno c'era la beffa...della condanna a morte!

territorio da leggere e rileggere...

Il nostro territorio più passa il tempo e le scoperte si accumulano da una lettura diversa da come la storiografia aveva acclarato.Sono oramai 5 le fornaci di epoca romana scoperte nel territorio monterchiese e ciò è abbastanza anomalo.Da documenti antichi non risulta una concentrazione così enorme di strutture "industriali" di cottura dell'argilla.Purtroppo la solita penuria di mezzi finanziari non permetterà ulteriori riscontri scentifici ma credo che l'importante sia lasciare a chi verrà dopo di noi una traccia che pian piano aggiuga tasselli alla conoscenza del nostro territorio..

lunedì 12 luglio 2010

cerchi nel grano...

Ecco. Ora anche Monterchi ha il suo cerchio nel grano.Be,diciamo che più di un disegno"divino" sembra fatto da uno...fatto di vino...
Comunque la cosa interessante è che sbagliando ci si azzecca.Se fosse stato fatto dal vento la cosa sarebbe stata più interessante perchè il luogo è sorprendentemente NOTEVOLE DA UN PUNTO DI VISTA ARCHEOLOGICO.A volte l'inconscio guida le persone verso orizzonti sconosciuti.
Rimango dell'idea che sia uno scherzo.Ma tanto la sostanza non cambia.
Verranno pubblicate fotografie esaurienti...

venerdì 7 maggio 2010

"Piramidi di Montedoglio"



Alcuni massi stranamente sono incisi con tre coppelle .Sarà un caso ma questo combacia con il trapezio di Orione...
E Orione era la costellazzione che in epoca preistorica veniva presa in alta considerazione....Per qualcune è solo un caso che i massi abbiano tre fori.
Come al solito lo stolto guarda il dito e non la luna....


Esempi di tumuli e "piramidi " nel territorio valtiberino.
La ricognizione dei luoghi ha provato la presenza umana sottoforma di incisioni e materiali riferibili al neolitico. Molte di queste formazioni sono astronomicamente orizzontate.Se son rose fioriranno....
Google hearth è veramente un servizio eccezzionale.Anni fà questa ricognizione aerea non sarebbe stata fruibile ai più......






mercoledì 28 aprile 2010

Inaugurazione sede gruppo archeologico Ghedese


Il discorso inaugurale letto dal nostro Gruppo:

Un saluto cordiale alle autorità politiche, religiose e a voi tutti che siete qui per condividere un momento importante e significativo per il Gruppo Archeologico di Ghedi. Sono trascorsi parecchi anni da quando ha iniziato a prendere corpo l’idea del recupero di questo edificio, ma anche se sono passati 13 anni ,siamo arrivati a concludere questa casa, picola ma importante, di cui siamo veramente orgogliosi.

Pensando alla storia di questo edificio e del nostro Gruppo, il ricordo va anche a quei collaboratori che oggi non ci sono più ma che molto hanno dato: ci rivolgiamo a Piero Lussignoli ed a Gino Bodeo a cui va un pensiero affettuoso.
Necessario, prima del taglio del nastro, è fare una breve memoria del percorso che ha avuto la sistemazione di questa casetta e della sua storia.
Era il 1997 quando questo piccolo edificio si trovava in notevole stato di degrado e doveva essere demolito nell’ambito di un progetto di recupero immobiliare privato che riguardava gli edifici circostanti. Su segnalazione del Gruppo Archeologico di Ghedi, l’allora amministrazione Scalvenzi, nella persona dell’assessore all’Urbanistica Tarcisio Lanfredi, decise di acquisire l’immobile nell’ambito della convenzione con l’operatore privato.
L’Amministrazione stessa e la successiva Amministrazione Guarneri stipulò con il Gruppo Archeologico una convenzione per il recupero dell’edificio. Con il contributo comunale, in accordo con le Soprintendenze competenti, il Gruppo iniziò dapprima i necessari sondaggi archeologici, i rilievi e gli studi stratigrafici degli alzati e successivamente iniziò il restauro completo dell‘edificio. Sottolineiamo la peculiarità di un indagine che ha messo in relazione in modo scientifico lo scavo archeologico e le strutture architettoniche.

Il lavoro svolto ha dato dei risultati inaspettati sulla consistenza del deposito archeologico, offrendo un excursus cronologico che va all’incirca dal VII al XVII sec., quasi 1000 anni di storia che rappresentano un elemento abbastanza raro se riferito ad un contesto rurale lontano dai grandi centri urbani. Curiosa e stimolante fu la scoperta di un piccolo dado da gioco in avorio di età medievale: da qui è nata l’idea di denominare l’edificio “la Casa del Dado”.
Questi interventi hanno dato la possibilità di restituire alla Città di Ghedi un frammento significativo della propria storia. Ci auguriamo che la cittadinanza e le prossime generazioni sappiano apprezzare e valorizzare questa testimonianza, e che essa possa essere un esempio per la tutela e la valorizzazione di contesti di valenza storica presenti sul nostro territorio - ben più numerosi di quanto si possa pensare - ma anche un punto di partenza per altre analoghe iniziative e per la costruzione del Museo della Città.

Concluse le indagini tecniche, visto l’interesse dei materiali, si è deciso di far eseguire uno studio scientifico degli stessi e sulla base di questi risultati abbiamo deciso di proporre alla Soprintendenza Archeologica un progetto espositivo dei reperti rinvenuti. Dopo il benestare della stessa abbiamo proceduto alla realizzazione del progetto e la mostra si è concretizzata con il sostegno della Pro loco, con il contributo della BCC dell’Agrobresciano e dell’Attuale Amministrazione Borzi e ringraziamo tutti per averci dato questa significativa opportunità.

Ringraziamo inoltre tutti gli artigiani e le ditte che hanno collaborato ai lavori di restauro e di allestimento della mostra e tutti coloro che, a vario titolo, hanno dato un contributo per arrivare a ciò che oggi andiamo ad inaugurare.

Nel ringraziare tutti voi per la vostra partecipazione di oggi, ci auguriamo che il recupero di questo piccolo frammento di storia e di cultura della nostra città possa essere davvero considerato un inizio ed un esempio da seguire.
Auguriamo buona visita e ricordiamo che a seguire ci sarà un rinfresco offerto dal Nostro Gruppo.

Inaugurazione casa del dado - Ghedi




lunedì 26 aprile 2010

inaugurazione mostra archeologica

24/04/2010 - Sabato 24 aprile 2010 alle ore 16.00 Inaugurazione della mostra storico archeologica a Ghedi
Sabato 24 aprile 2010 alle ore 16.00 Inaugurazione della mostra storico archeologica a Ghedi

Sabato 24 aprile 2010 alle ore 16.00 inaugurazione della mostra storico archeologica.

Il recupero di un prezioso frammento di storia e cultura della nostra città.

la "Casa del Dado"

Via Garibaldi 82/c

La mostra resterà aperta il sabato e la domenica dalle ore 09.00 alle 13.00

gruppo archeologico di ghedi

Gruppo Archeologico di Ghedi
gruppo archeologico


L'Associazione "Gruppo Archeologico di Ghedi" è costituita dal 13 dicembre 1988.

Scopi specifici dell'Associazione sono (art. 4):

- la ricerca archeologica, la conservazione, la classificazione e la valorizzazione dei beni storici;
- la divulgazione;
- il riordino di precedenti conoscenze archeologiche;
- la promozione per il restauro e la conservzione di beni storici, artistici ed architettonici.

L'Associazione pertanto raccoglie tutte quelle persone ed Enti che per attività, collaborazione e competenza di ogni genere vogliono promuovere ed approfondire la conoscenza storica e scientifica del territorio della Bassa Bresciana.

gruppo archeologico

L'Associazione (art. 5) è apartitica, non ha scopi di lucro e non potrà in nessun caso e per nessun motivo svolgere attività commerciali.

Componenti del Gruppo Archeologico di Ghedi
Benedetti Teresa
Dander Pierluigi
Facchi Claudio
Fenocchio Renato (Presidente)
Ferrari Matteo
Ferrari Franco
Scarpella Davide (Vice Presidente)
gruppo archeologico Per contattare l'Associazione è possibile rivolgersi a Davide Scarpella
- Biblioteca Comunale - tel. 030901600
da lunedì a venerdì dalle ore 14.00 alle ore 19.00

mercoledì 14 aprile 2010

I Villanoviani: un popolo misterioso

Nel 1853 nei pressi di bologna l’archeologo gozzardini scopre un
Sepolcreto nell’abitato di villanova.in seguito l’insediamento urba-
No viene alla luce su una superficie di circa trecento ettari.
Le fasi piu arcaiche rappresentano una marcata similitudine con
Civiltà terramaricole padane.la derivazione indo-europea di ques-
Ta popolazione e attestata dall’uso di cremare i morti e metterli
In anonime urne senza nessun corredo.un primo esempio vero di
Eguaglianza….
I vasi erano sempre biconici di un impasto scuro coperti da una cio-
Tola rovesciata .piu tardi anche da elmi.era in uso presso villano-
Viani stanziati nel lazio mettere le ceneri dei defunti non in cioto-
Le ma in urne a forma presumibile d’abitazione villanoviana.
Le fasi villanoviane si dividono principalmente in quattro parti che
Hanno la singolarita d’avere i nomi dei rispettivi proprietari dei siti
Di ritrovamento.prima fase: riti funebri d’incinerazione e vasi bico-
Nici anonimi messi nella nuda terra senza “segnacoli”particolari.
Seconda fase detta –benacci- le tumulazioni si fanno piu ricche di
Corredi e le urne sono riparate da pietre grezze e soprattutto si
Fanno “individuali”e riconoscibili da pietre segnate. Affermavamo che i
Corredi si fanno piu ricchi e per la prima volta presso questo popolo assieme al bronzo compare il ferro!questo segna un cambiamento enorme nell’italia di allora( fase benacci ii ).
Nella fase detta-arnoaldi- compaiono i vasi chiamati doli che con-
Tengono oggetti e ceneri ma soprattutto è usato un rito sco-
Nociuto ai villanoviani: l’inumazione….

AES RUDE. LA MONETA UTENSILE

Obeloi,lebeti,tripodi…
Pensavate fossero ..monete di scambio?
Gli obeloi erano spiedi per cucinare carne per lo piu in ferro ma con questi si poteva ottenere in
cambio carne a secondo della prestazione. Ad esempio un giudice alla fine di un processo o di una disputa veniva ricompensato con 10 o 20 spiedi e all’uscita del tribunale li riconsegnava in cambio dello stesso numero di pezzi..di carne!
Anche tripodi che sorreggevano anfore o fuochi e lebeti che erano semplici scatole di metallo erano monete di scambio.
Originariamente erano sicuramente offerte votive ma l’esigenza di dare “valore”alle cose ha
indotto nell’antichità ( specialmente ellenica ) ha trasformarli..in denaro!
In Italia quando Roma non aveva ancora conquistato territori le popolazioni indigene già nel 900 A.C. usavano comprare merce con PEZZI INFORMI di BRONZO del peso di pochi grammi fino ad
arrivare a 10-12 Kg :gli AES RUDE (rame rozzo non lavorato) usanza introdotta nell’Italia
centrale dagli etruschi. In seguito i panetti non venivano fusi informi ma con una certa forma
anche se rozza (aes formatum ).


Fig. 1 Aes Rude
Verso il VI secolo a.c fa la sua comparsa l’ aes signatum ( rame contrassegnato ) lingotti di rame e raramente in ferro con in rilievo rami secchi o spine di pesce e gradatamente le figure
col tempo diventano più complesse con rappresentazioni di animali(delfino.aquila,bue…) pur
non essendo un contrassegno che aveva valore legale venivano contrassegnati con marchi di
fabbrica.
Sia aes rude che il formatum e signatum avevano una valutazione in base al peso ed ha ogni transazione occorrevavo testimoni per evitare truffe sul peso
Raramente questo tipo di premoneta superava i confini dell’Italia di allora.
Copiosi depositi son stai trovati per lo più nel bolognese e al di fuori dall’Italia in Yugoslavia.

Fig.2 Aes Formatum

Fig. 3 Aes Signatum

Nascita di un museo

Cambiamenti dell’assetto socio-economico del territorio monterchiese (agricoltura,passaggio di grandi vie di comunicazione ) ci inducono a considerare l’opera di tutela del patrimonio archeologico del sottosuolo impellente.
La casualità non sempre viene in soccorso a ciò. Disporre di strumenti per poter individuare aree a rischio è il vero problema e una carta archeologica della zona può preservare i tesori nascosti nel suolo e salvare le vestigia di civiltà scomparse.
Il lavoro che da anni mi appassiona è la ricerca nel territorio di Monterchi della conferma dei tanti “si dice” “si pensa”riguardo al nostro passato storico quindi dal 2000 ho cercato mediante una ricerca di superficie di recuperare materiale che possa aiutare a tal scopo.
Ho diviso il territorio in quattro settori e ed ho iniziato la raccolta di materiale controllando la zona ad est di Monterchi in pratica i campi che costeggiano la strada che porta a Lippiano. I materiali recuperati non sono molti. Qualche pezzo di vasellame ,laterizi che comunque stanno ad indicare che questa zona anticamente,forse in epoca romana era abitata.
Pure la zona sottostante a Petretolo sembrerebbe avuto in passato varie frequentazioni sempre d’epoca romana ( romano od etrusco lo uso a mò d’inventario dato che il materiale deve essere ancora studiato ma che comunque appartiene ad uno di questi periodi).
Venendo verso il paese sotto le mura cittadine in un campo attiguo la Madonna del Parto ho recuperato altro materiale .Purtroppo questo sito è stato forse interessato dallo scarico di terreno in seguito al terremoto del 17 dato che il materiale è sia romano che medievale e pure ottocentesco.
Va detto pure ad onor del vero che in questa zona nel 1930 in Diringer segnala il recupero
di varie supellettili provenienti da alcune tombe a pozzetto e cappuccina scoperte in loco.
Pure verso S.Antimo nei campi attorno all’antica pieve il materiale che ho recuperato sta ad indicare la presenza di una villa romana(ceramiche depurate, elementi di condotti di calore etc) che in ogni modo è attestata in questo caso dalla Soprintendenza e da alcune campagne di scavo.
Verso ovest in zona Riolo son stati segnalati negli anni 80 sporadici ritrovamenti d’oggetti in selce appartenenti al paleolitico inferiore ed in questo luogo nel 2008 ho recuperato schegge di selce gialla e grigia simile ai ritrovamenti delle cosiddette “terre rosse” d’Anghiari.
Più avanti sulla sinistra in un campo che delimita un bosco che guarda la val Centena sono
affiorati materiali che possono essere ascritti ad un sito romano con probabile fornace.
Arriviamo quindi proseguendo a Catiglianello luogo oramai famoso per il ritrovamento di materiali fittili d’epoca etrusca .
Questo materiale ha fatto bella mostra di se in un’esposizione che ha avuto ed avrà spazio nello studio di questa civiltà dato la rarità del ritrovamento.
Questo anno alla ripresa dello scavo il sito ha restituito pure un’altra rarità ovvero una fornace romana del IV sec a.C.

Anche in questo caso l’enorme mole di materiale dovrebbe essere dato alla fruizione del pubblico
In una mostra a hoc.
Nella stessa zona ho ritrovato altro materiale (dardi di giavellotto, schegge,lamine di selce) che dovrebbero appartenere ad un periodo neolitico e forse paleolitico inferiore.
Pure le alture del nostro territorio sono interessanti per un’eventuale ricerca archeologica.
La Murcia così pure la Padonchia sono disseminate di costruzioni e massi con incisioni che potrebbero risalire ad epoche preistoriche ma che comunque sono il retaggio di manufatti umani
quanto meno interessanti dal punto di vista etnografico.
Tutto il materiale da me ritrovato attualmente è costudito in un locale che l’amministrazione ha messo a disposizione rispondendo entusiasticamente ad un invito della dott Salvini della soprintendenza di Firenze.
In questo locale dopo una prima pulizia dei reperti si passa alla loro siglatura e viene approntata una scheda tecnica per ogni manufatto operazione forse noiosa ma della massima importanza ai fini di uno studio scientifico dei ritrovamenti.
Quindi come si vede la ricerca archeologica si basa si sulla passione di chi cerca ma deve essere supportata da istituzioni sensibili .
Senza l’aiuto dei Comuni e delle Soprintendenze tutti i ritrovamenti cadrebbero nell’oblio perdendo strada facendo dati importantissimi per capire il nostro passato.
Capire e studiare il passato può aiutare a donare un futuro migliore a tutta la comunità…

Le Migrazioni Indo - Europee.

I gruppi di genti indo-europee che hanno formato il primo nucleo di civiltà italica furono gli umbro-sabellici che hanno lasciato nella zona di Ancona importantissimi reperti .
Nella zona Picena si riscontrano fasi caratterizzate dall’inumazione dopo cremazione del corpo come ad esempio a Fermo sicuramente indici della presenza di genti villanoviane ma che ben presto lasciarono posto a culture che all’opposto salvaguardavano il corpo del defunto mediante riti di inumazione riempiendo i sepolcreti con ornamenti e oggetti di chiara derivazione balcanica.
Queste popolazioni identificabili grosso modo con i Viburni vennero a loro volta scacciati dagli Umbri ( da non identificare con popolazioni indigene dell’Umbria…).
Ad aumentare la complessità di queste migrazioni vi è da segnalare la presenza di un’altra popolazione:i Sanniti .
Queste genti calate nel II millennio a.C si stanziarono nell’attuale Abruzzo ed erano suddivisi in Frentani,Pentri e Saraceni e un altro ramo si stanziò a Capua col nome di Osci o Campani.
Queste popolazioni erano molto indipendenti e guerriere e famosa diventerà la sconfitta dei romani nei loro territori nel 321 a.C passata alla storia con l’episodio famosissimo delle “forche caudine”…
I Sanniti sono stati sicuramente il primo embrione di città federate della stessa cultura .
Come organizzazione politica era sicuramente di derivazione indo-europea così come la loro lingua chiamata “osca ) dai Latini così pure l’espressione religiosa .Disseminati sul territorio vi erano molti santuari (Pietrabbondante,Campochiaro e Campobasso ad esempio)dove veneravano Giove Pio Rettore, Ercole etc…
I loro templi avevano quasi sempre tre stanze dove per l’appunto veneravano via via divinità anche “importate” dalla Grecia anche se rimaneva sempre venerato dai più l’eroe chiamato Ercole .Il ritrovamento di numerose statuette di bronzo che raffigurano Ercole con la clava ne sono la conferma.
I rituali dell’oltretomba dapprima rappresentati dall’incenerizione tipica degli indo- europei ( vasi biconici e piccoli tumuli)si trasformarono in inumazione nell’età del ferro.
Ma un gruppo altrettanto importante se non altro per numero fu il popolo degli Umbri sicuramente
principali esponenti della seconda migrazione indo-europea .
Questa gente occupò l’antico suolo italico fino alle Alpi secondo molti storici dell’epoca come Erodoto.Una prova la si ritrova nella toponomastica che rimanda alla lingua indo-europea dei umbro-veneti come Adria (Atria ,città nera) o Spina (presso Spinete affluente del Po’).
Il loro dominio durò fino all’incontro- scontro con gli etruschi del VI secolo a.C che fondarono
L’Etruria circumpadana.
Affascinante però è il fatto che gli etruschi avevano in questo secolo un importante centro a Chiusi
ma che un millennio prima gli umbri avevano occupato proprio il territorio con un’importante città che prima di chiamarsi Chiusi era chiamata da loro Camars….
Nelle Tavole Eugubine vi è il riscontro storico di cioè decine e decine di maledizioni contro gli
Etruschi che avevano osato occupare centinaia di città sacre umbre….
Nel prossimo numero parleremo dei Piceni (dal nome del loro animale totemico :il pico(uccello)..

venerdì 9 aprile 2010

L'UOMO SELVATICO E MONTERCHI.


Tradizioni, leggende e superstizioni celano sempre accadimenti che non sono solo favole

da raccontare vicino al focolare nelle veglie invernali.

Dall' Asia, alle Americhe, in Tibet compare sempre un personaggio più o meno simile

dal punto di vista fisico e psicologico: l'uomo selvatico.

Yeti, bigfoot, almas, sasquatch infatti non sono altro che i nomi dati in questi continenti a

questo personaggio che in Europa, nelle catene alpine e appenniniche viene conosciuto

col nome di ORCO, OMNEGHER, URCAT, SALVANEL, UOMO SELVATICO.

Ma cosa personifica in effetti questa figura?

Innanzitutto vediamo di inserirlo nel suo periodo storico: presumibilmente il neolitico.

Addirittura ci si potrebbe spingere al paleolitico per via della descrizione fisica data a questa

creatura nei tempi antichi. Ma qui si entra nel campo della CRIPTOZOOLOGIA.

L'aspetto esteriore ricalca sempre lo stesso stereotipo: irsuto, imponente, selvaggio e istintivo

come un animale.

Ma a differenza del suo aspetto aveva una saggezza e una bontà d'animo enorme.

Conosceva l'agricoltura,la pastorizia e soprattutto il segreto per produrre formaggi (ecco qui

l'aggancio per datarlo tra neolitico e bronzo antico) ed è per questo che veniva chiamato nei

villaggi per farsi insegnare la produzione casearia. Purtroppo per lui dopo che aveva donato

tali conoscenze veniva deriso e cacciato in malo modo dalle popolazioni e si rifugiava

piangendo nei boschi in CASE DI PIETRA o GROTTE.

In molte regioni alpine esiste un rituale che inquadra l'uomo selvatico non solo sul piano

fisico ma in una dimensione spirituale ben precisa.

Durante questa antica cerimonia che cade sotto il periodo che noi chiamiamo CARNEVALE

viene braccato ma lui vistosi raggiunto non reagisce ma si IMMOLA VOLONTARIAMENTE

in zone destinate a sacrifici umani ed animali: le ARE o TINE.

Come simbologia l'uomo selvatico è ambivalente. In sé racchiude anche l'ORSO

che rinasce dal letargo proprio a febbraio. Quindi l'uomo selvatico corrisponde ad una

DIVINITA’ SOTTERRANEA mentre l'orso al SOLE.

La sua connotazione ambigua di figura ambivalente, la si può ritrovare nel fatto che viene

rispettato per la sua profonda conoscenza dei boschi e nei RITMI della NATURA ma, nel

contempo viene accusato di delitti contro la comunità e quindi UCCISO.

Il suo lato infernale e tellurico viene sacrificato alla NUOVA LUCE primaverile e l'uccisione

RITUALE permette però all'uomo selvatico di ACCEDERE alle fonti delle origini dandogli

la possibilità di rinascere in TUTTE le specie ANIMALI e VEGETALI.

Questo preambolo ci serve per descrivere ed inquadrare alcuni manufatti presenti sul territorio

di Monterchi e sulla leggenda presente. Parliamo innanzitutto della cosiddetta

Tina dell'uomo selvatico.

Questo monolite si trova sulla sommità di un dosso ed è scavato in un blocco unico

con una "camera" che misura mt 1,40 x 1,60 ed ha una profondità media di 55 cm.

A fronte vi è un foro che in altro contesto studiosi di archeologia e religioni interpretano come

il cosiddetto FORO dell'ANIMA e cioè l'apertura da dove l'anima del morto esce per poi

rientrarvi. A fianco vi è un altro incavo che poteva essere uno scranno o contenere un

"signacolo" ma tutto ciò non si potrà appurare fino a che non si indagherà con scavi

archeologici tutta l'area. Ricordiamoci che potrebbe essere una sepoltura o come dicono

le leggende una tina sacrificale e un indizio potrebbe venire da manufatti presenti in zona

e così pure la presenza di un rudere di una chiesa antica potrebbe far pensare ad una

specie di esorcizzazione del sito.

La prossima volta parleremo della cosiddetta CASA dell' UOMO SELVATICO un altro manufatto

coevo della tina.

venerdì 26 marzo 2010


RITUALI DELL’ACQUA E FERTILITA’


Caduta dal cielo, trasudata da rocce durante la notte, trasportata da un ruscello impetuoso,raccolta in vasche naturali o scavata dall’uomo…

Ecco l’acqua. Misterioso e magico elemento presente in tutte le religioni. Usata per benedire, curare

e per misterici rituali.

Nelle sacre fonti il sacerdote raccoglieva e custodiva gelosamente il sacro liquido raccolto in determinate ore del giorno e dell’anno. I bronzi votivi ritrovati nelle fonti testimoniano l’enorme importanza per le popolazioni antiche di quest’elemento.

Non solo per guarigioni o fertilità erano usate le acque. Sallustio affermava che quando una persona era sospettata di furto od omicidio si usava detergere gli occhi con acque sulfuree. Se il malcapitato diventava cieco voleva dire che era colpevole, al contrario,se la vista aumentava (caso raro visto il potere caustico delle acque sulfuree) era innocente!!

Il pensiero religioso preistorico vedeva in ciò una sorta di giudizio divino non distinguendo ancora il mondo fisico dal mondo soprannaturale.

Il territorio di Monterchi è interessante riguardo a questi rituali. A fianco della nota vicenda della fonte della fertilità ubicata nelle vicinanze della chiesetta dove è stata dipinta la Madonna del Parto vi sono rocce che testimoniano d’antichi rituali di fertilità.

Rocce “panciute”, incisioni su roccia e incavi dove presumibilmente veniva raccolta acqua per questi rituali sono sparsi su un territorio molto vasto. Monterchi, forse per la presenza di molti fiumi sembra essere stato il centro di interesse di varie popolazioni.

Una roccia in particolare rappresenta un enigma che solo una ricerca archeologica scientifica può svelare: la presenza di un simbolo assimilabile allo svastika ( abitualmente si dice “la svastica, ma è un errore comune: svastika è maschile essendo un simbolo solare).

Il nostro territorio rappresenta un unicum difficilmente eguagliabile da altri territori.

Siamo forse alla presenza degli albori di civiltà che più tardi hanno lasciato tracce storiche molto importanti ? Nel prossimo numero saranno pubblicate fotografie sensazionali dove si potrà comprendere l’importanza archeologica del nostro paese.

mercoledì 24 marzo 2010


MASSI ERRATICI, CULTI AD ERCOLE?


I massi erratici di Monterchi per varietà ed importanza non hanno il dovuto risalto.

Nel nostro territorio differiscono da quelli dell’arco alpino per alcuni tratti.A dire il vero da un punto puramente geologico molti sono semplicemente enormi massi precipitati dalle cime dei monti.Risultanze che siano opere di ghiacciai non, ve ne sono, ma è indubbio che alla fine per siano stati visti come espressione del soprannaturale…

Certamente l’orientamento e un allineamento astronomico non sono stati ancora studiati, però in certi punti del nostro territorio si ha la sensazione di sprofondare nella storia più remota.

Molti massi (ricordiamo che la “tina” è pur sempre un masso affiorante.) sono stati usati scavandoli, come tombe. Questi massi chiamati avelli si riscontrano soprattutto nel nord Italia ed è stupefacente trovarne uno così importante a sud.

Altri sono incisi con coppelle e a volte vi sono segni di scalpellate, ma, purtroppo questo vizio di vedere utilità in tutte le cose umane ci fanno perdere la facoltà del “vedere”.

Interessante è pure il culto che in diverse regioni è abbinato a questi enormi massi: il culto ad Ercole o Eracle.

Sicuramente i romani si sono impossessati del culto ma ricordiamoci che sotto vari nomi già nel X a.C in diverse località si onorava un semidio con una forza enorme

che spostava massi giganteschi…

Nel prossimo numero tratteremo la corrispondenza archeo-astronomica di coppelle incise su questi manufatti, scoprendo analogie incredibili tra incisioni e costellazioni… alla prossima.

venerdì 19 marzo 2010

Megaliti a Monterchi (AR)

Questa è una sequenza di cinque megaliti scoperti nel territorio di Monterchi.